Nel 1700 i primi buchi neri
È sorprendentemente antica l’idea che possano esistere corpi celesti con gravità talmente intensa da non far sfuggire nemmeno la luce. Oggi li chiamiamo buchi neri, e sono descritti dalla Relatività Generale, la teoria della gravità scoperta da Einstein appena un secolo fa.
In tempi precedenti però l’idea già era comparsa.
Nel XVIII secolo l’astronomo inglese John Michell pubblicò per primo una descrizione dei buchi neri (da lui chiamati “dark stars”, stelle oscure) basandosi sulla teoria della gravità disponibile allora: la Gravitazione Universale di Newton.
Nel suo articolo del 27 novembre 1783 Michell non solo espose i calcoli per la massa e le dimensioni delle sue “stelle oscure” (che risultavano molto più grandi e più pesanti dei buchi neri, dato che egli assegnava loro densità simili a quelle del Sole, non potendo immaginare che esistono stelle 100 miliardi di volte più dense), ma tratteggiò anche ipotesi che oggi sappiamo essere assolutamente avveniristiche.
Michell ipotizza ad esempio che esistano molte di queste stelle oscure nell’universo, ma che non possiamo vederle. Tuttavia, osservava acutamente, saremmo in grado di accorgerci della loro esistenza se una stella luminosa orbitasse attorno ad essi. Questo è proprio il modo in cui verranno finalmente scoperti i buchi neri alla fine degli anni Settanta con la determinazione della massa della “stella oscura” Cygnus X-1.
Come vedremo nel nostro Corso di Astronomia Insolita e Curiosa, che raccoglie le notizie più sorprendenti e meno note dell’astronomia, anche il grande astronomo francese Pierre-Simon de Laplace considerò l’ipotesi di stelle che non lasciano sfuggire la luce nella prima edizione del suo Traité de mécanique céleste del 1798.
Michell e Laplace non si sorprenderebbero del fatto che oggi conosciamo migliaia di buchi neri, sarebbero invece sbalorditi dalle loro distanze (per lo più si trovano in galassie diverse dalla nostra, e spesso a distanze cosmologiche) e ancora di più dai modi in cui sono stati scoperti: onde radio, raggi X e, da pochi anni, anche grazie alle onde gravitazionali che i buchi neri emettono quando si scontrano a velocità relativistiche!
[ Paolo Colona ]
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