Come nascono le comete

Comet_on_22_March_2015_NavCam_highlight_mob

L’analisi dettagliata dei dati raccolti dalla sonda Rosetta dimostra che le comete sono gli antichi resti della formazione del Sistema Solare e non frammenti più giovani derivanti da successive collisioni tra oggetti antichi più grandi.

Capire come e quando oggetti come la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko si siano formati è della massima importanza nel determinare esattamente come possano essere utili per comprendere la formazione e l’evoluzione del nostro Sistema Solare. Un nuovo studio in merito, guidato da Björn Davidsson del Jet Propulsion Laboratory, California Institute of Technology di Pasadena (USA), è stato pubblicato su Astronomy & Astrophysics.

Se le comete sono composte da materiali primordiali, allora potrebbero aiutare a rivelare le proprietà della nebulosa solare da cui si sono formati il Sole, i pianeti e gli altri oggetti, e i processi che hanno trasformato il nostro sistema planetario come lo vediamo oggi.

L’ipotesi alternativa è che siano frammenti più piccoli derivanti da collisioni tra corpi vecchi, come gli oggetti transnettuniani ghiacciati (TransNeptunian Object, TNO). Potrebbero in tal caso fornire informazioni su questi corpi più grandi, sulle collisioni che li hanno distrutti, e sui processi di formazione di nuovi corpi dai resti di quelli più antichi.

“In entrambi i casi, le comete sono state testimoni di importanti eventi evolutivi del Sistema Solare, ed è il motivo per cui abbiamo fatto queste misurazioni dettagliate con Rosetta, per scoprire quale scenario sia più probabile”, afferma Matt Taylor, scienziato della missione.

Durante la sua permanenza di due anni attorno a 67P/Churyumov-Gerasimenko, Rosetta ha disegnato un quadro della cometa come un corpo a bassa densità, alta porosità, dotata di due lobi, con vasta stratificazione, il che suggerisce che i lobi abbiano accumulato materia nel corso del tempo prima di fondersi insieme.

L’elevata porosità all’interno del nucleo fornisce la prima indicazione che questo accumulo di materiale non possa essere stato causato da urti violenti, in quanto questi avrebbero compattato il materiale fragile. Studi precedenti hanno dimostrato che la “testa” e il “corpo” erano originariamente oggetti separati, ma la collisione che li ha uniti doveva essere a bassa velocità per non distruggerli entrambi. Il fatto che entrambe le parti abbiano analoghe stratificazioni fornisce l’informazione che siano state sottoposte a storie evolutive simili e che il tasso di sopravvivenza a dispetto della collisione debba essere stato alto per un periodo di tempo significativo.

Eventi di fusione possono avere successo anche su scale più piccole. Ad esempio, sono state individuate tre ‘calotte’ sferiche sul lobo piccolo della cometa, e l’ipotesi è che siano i resti di oggetti più piccoli ancora oggi in parte conservati. A scale ancora inferiori, con estensione di pochi metri, ci sono le cosiddette formazioni ‘pelle d’oca’ e ‘zolla’, osservate in numerosi pozzi e pareti di roccia in varie posizioni sulla cometa.

Mentre è possibile che questa morfologia possa derivare soltanto da frammentazione, si ritiene in realtà che rappresenti un’intrinseca ‘grumosità’ dei componenti della cometa. Cioè, questa ‘pelle d’oca’ potrebbe mostrare la dimensione tipica degli oggetti più piccoli che si sono uniti per costruire la cometa, resi visibili ancora oggi dall’erosione dovuta alla luce solare.

Secondo la teoria, le velocità alle quali gli oggetti piccoli collidono e si uniscono cambia durante il processo di accrescimento, con un picco quando i grumi hanno dimensioni di pochi metri. Per questo motivo, strutture delle dimensioni attorno al metro dovrebbero essere più compatte e resistenti, ed è particolarmente interessante che il materiale della cometa appaia grumoso su quella scala dimensionale.

Ulteriori evidenze includono l’analisi spettrale della composizione della cometa, che dimostra che la superficie ha sperimentato poca o nessuna alterazione in situ da acqua liquida, e l’analisi dei gas espulsi dai ghiacci sublimati sepolti in profondità all’interno della superficie, che rileva come la cometa sia ricca di volatili come monossido di carbonio, ossigeno, azoto e argon.

Queste osservazioni implicano che le comete si formino in condizioni di freddo estremo e non abbiano sperimentato significativi processi termici durante la maggior parte della loro vita. Invece, per spiegare le basse temperature, la sopravvivenza di taluni ghiacci e volatili, debbano aver accumulato materiale lentamente in un periodo di tempo significativo.

“Mentre i più grandi oggetti transnettuniani nelle regioni esterne del Sistema Solare sembra siano stati riscaldati da sostanze radioattive di breve durata, pare che le comete non mostrino segni di analogo trattamento termico”, dice Björn.

Björn e i colleghi propongono che i più grandi oggetti della popolazione dei TNO si siano formati rapidamente, entro il primo milione di anni d’età della nebulosa solare, aiutati da flussi di gas turbolenti che rapidamente hanno accelerato la loro crescita fino a dimensioni di 400 km.

Circa dopo tre milioni di anni dall’inizio della storia del Sistema Solare, il gas era scomparso dalla nebulosa solare, lasciando dietro di sé soltanto materiale solido. Poi, in un periodo di circa 400 milioni di anni, i già massicci TNO hanno lentamente accresciuto ulteriore materiale e si sono compattati in strati. Alcuni sono cresciuti fino alle dimensioni di Plutone o Tritone.

Le comete hanno preso una strada diversa. Dopo la rapida fase di crescita iniziale dei TNO, i grani rimanenti e i ‘sassi’ di materiale ghiacciato nelle parti esterne fredde della nebulosa solare hanno cominciato a unirsi a bassa velocità, formando comete della dimensione di circa 5 km, dal tempo in cui il gas è scomparso dalla nebulosa solare. Le basse velocità a cui il materiale si è accumulato hanno portato alla formazione di oggetti dai nuclei fragili con elevata porosità e bassa densità. Questa crescita lenta ha permesso alle comete di preservare alcuni dei più antichi materiali dalla nebulosa solare.

I più grandi TNO hanno svolto un ulteriore ruolo nell’evoluzione delle comete. ‘Rimescolando’ le orbite cometarie, il materiale supplementare è stato accresciuto a velocità leggermente superiore nei successivi 25 milioni di anni, formando gli strati esterni delle comete. Il rimescolamento ha inoltre reso possibile a oggetti della dimensione di pochi chilometri di imbattersi dolcemente l’uno nell’altro, portando alla natura bilobata di alcune comete osservate.

“Sembra che le comete non mostrino le caratteristiche attese da oggetti dovuti a collisioni. Piuttosto, pensiamo che siano cresciute dolcemente, sopravvivendo sostanzialmente integre per 4,6 miliardi di anni”, conclude Björn. “Sono dei veri tesori: ci forniscono una visione senza precedenti sui processi fondamentali della costruzione del sistema planetario nei primi tempi della sua esistenza, e sul loro rapporto con l’architettura del sistema solare che osserviamo oggi”.

[ Barbara Bubbi ]

http://m.esa.int/Our_Activities/Space_Science/Rosetta/How_comets_are_born

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *