La natura esotica delle stelle di neutroni

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L’astronomia gravitazionale apre la strada allo studio approfondito degli oggetti tra i più densi dell’Universo.

Può una stella di neutroni essere costituita da una materia esotica fatta di quark densi? È l’interrogativo che si è posto un team di ricercatori dell’University of Helsinki, del CERN di Ginevra e dell’University of Stavanger, in uno studio teorico pubblicato sulle Physical Review Letters (PRL).

Il team di studiosi, ha effettuato una sorta di mappa termodinamica della materia delle stelle di neutroni nel corso di un evento estremo come la loro fusione. Si tratta di uno dei fenomeni più violenti del cosmo, accompagnato dall’emissione di onde gravitazionali.

La fusione tra stelle di neutroni, secondo la Relatività Generale di Einstein, perturba infatti la trama del cosmo in modo analogo all’abbraccio fra buchi neri, come quello che 1,3 miliardi di anni fa ha generato l’eco di onde gravitazionali ascoltato per la prima volta nel settembre del 2015 dalle Collaborazioni LIGO e VIRGO.

La ricerca sulle stelle di neutroni rappresenta, nelle intenzioni degli autori, un passo avanti verso la comprensione della natura della materia all’interno di questi oggetti cosmici, tra i più densi dell’universo. Il cuore di queste stelle potrebbe avere, infatti, una struttura che gli autori definiscono esotica. Secondo lo studio di PRL, potrebbe essere formato, a causa dell’elevata gravità della stella – basti pensare che un cucchiaio di questa materia pesa all’incirca un centinaio di milioni di tonnellate – da un particolare stato della materia, fatto di quark ultra-densi.

Una conferma di questa ipotesi potrebbe arrivare dalla cosiddetta astronomia gravitazionale, la nuova finestra sul cosmo spalancata nel 2016 dall’annuncio della scoperta delle increspature dello spazio-tempo previste un secolo fa da Albert Einstein nella Teoria della Relatività Generale.
[ Davide Patitucci ]

http://www.asi.it/it/news/la-natura-esotica-delle-stelle-di-neutroni

http://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.117.042501

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