L’abisso gravitazionale in una foto
L’esistenza di questi mostri del cielo è stata ipotizzata alla fine del Settecento, la loro fisica è nota dai lavori di Einstein di 100 anni fa, e il primo caso individuato con certezza risale agli anni Ottanta. Oggi si conoscono decine di oggetti del genere nella nostra galassia: sono tutti oggetti di taglia stellare, cioè al massimo poche decine di volte la massa del Sole.Sappiamo però che ne esiste uno immensamente più grande al centro della nostra galassia (i cui segnali furono registrati per la prima volta nel 1931), ed altri, talvolta ancora più giganteschi, nel centro di altre galassie.Cosa dovremmo fare se volessimo “fotografare” un buco nero? Il problema è che si tratta di astri minuscoli: se il Sole diventasse un buco nero si ridurrebbe ad una sfera (nera) di pochi chilometri, praticamente invisibile anche se fosse vicinissimo, figuriamoci alle migliaia di anni luce alle quali si trovano normalmente gli altri buchi neri di taglia stellare.
Quali alternative? La fisica ci dice che le dimensioni dei buchi neri sono proporzionali alla loro massa. Quindi, se anziché tentare di riprendere un buco nero piccolissimo e relativamente vicino, puntassimo l’obbiettivo su oggetti più distanti ma immensamente più grandi, l’impresa sarebbe forse possibile.
Questo è ciò che hanno fatto all’EHT (Event Horizon Telescope), una collaborazione scientifica internazionale che ha utilizzato radiotelescopi in tutto il mondo per ottenere le immagini ad una risoluzione mai tentata prima per fotografare, appunto, l’orizzonte degli eventi, ovvero la “bolla” in cui è confinato un buco nero.
L’oggetto scelto non a caso ha una massa pari a circa 6,6 miliardi di volte quella del Sole, quindi una dimensione ragguardevole, e si trova nel nucleo della galassia ellittica gigante M87 (Virgo A), nella Vergine, che tutti gli astrofili conoscono (e a maggior ragione gli astronomi, per tanti motivi), distante 52 milioni di anni luce.
Utilizzando antenne millimetriche (che lavorano cioè su lunghezze d’onda comprese tra gli infrarossi e le microonde) ed impiegandole in un’osservazione ad interferometria a lunghissima base (un metodo perfezionato negli anni Settanta per raggiungere poteri di risoluzione inconcepibilmente alti), il team dell’EHT è riuscito a ricostruire un’immagine del buco nero centrale di M87.
Ciò che si vede è l'”ombra” dell’immenso buco nero proiettato sulla “luce” (in realtà radiazioni invisibili all’occhio umano) emessa dal gas che gli orbita intorno.
Il buco nero è circa 2,5 volte più piccolo dell'”ombra” circolare che si vede nella foto, ed il suo orizzonte degli eventi ha un diametro di poco inferiore ai 40 miliardi di km.
Ad un tipo di immagine di questo tipo ci eravamo abituati negli anni grazie alle potenti elaborazioni numeriche realizzate al computer sulla base delle equazioni della Relatività Generale ma si tratta di un’impresa tecnologica formidabile: la risoluzione ottenuta dall’EHT infatti è di 20 micro arcosecondi, abbastanza da consentire di distinguere due torce tenute in mano a braccia tese da una persona distante venti milioni di chilometri…
Nella nostra grafica abbiamo realizzato uno “zoom” che parte dalla costellazione della Vergine per arrivare fino al buco nero supermassiccio ripreso dall’EHT.
Ecco cosa rappresentano le singole foto
1. Costellazione della Vergine, Palazzo Farnese di Caprarola (VT)
2. panoramica di M87 di Adam Block (Mt. Lemmon SkyCenter, U. Arizona)
3. Dettaglio della foto precedente (si notano gli ammassi globulari attorno alla galassia e il getto azzurro del buco nero)
4. Il getto di M87; The Hubble Heritage Team (STScI/AURA) and NASA/ESA
5. Dettaglio del disco a spirale di gas caldo attorno al buco nero nel nucleo di M87
6. Il buco nero di M87; EHT collaboration
Ed ora, aspettiamo l’immagine di Sagittarius A, il buco nero supermassiccio della *nostra* galassia, la Via Lattea!
[ Paolo Colona ]
Lascia un commento