Risolto il mistero di un famoso bacino lunare
Utilizzando dati della missione Gravity Recovery and Interior Laboratory (GRAIL) della NASA, gli scienziati hanno portato nuova luce sulla formazione di un gigantesco bacino da impatto sulla Luna. La scoperta, descritta in due articoli su Science, potrebbe aiutare i ricercatori a comprendere come questo tipo di impatti abbiano influenzato l’evoluzione non solo della Luna, ma anche di altri pianeti e satelliti del Sistema Solare.
Formatosi circa 3,8 miliardi di anni fa, il bacino orientale si trova sul versante sud-occidentale della Luna, appena visibile dalla Terra. È costituito da 3 anelli concentrici di roccia, il più esterno dei quali ha un diametro di circa 900 chilometri. Gli scienziati hanno a lungo discusso su come possano essersi formati questi anelli e grazie ai dati di GRAIL ora ritengono di avere trovato una risposta.
“Grandi impatti come quello che ha formato il Mare Orientale sono stati i più importanti responsabili del cambiamento delle superfici planetarie nel giovane Sistema Solare”, ha detto Brandon Johnson, geologo alla Brown University, a guida di uno degli studi. “Grazie ai dati di GRAIL, abbiamo un’idea molto più esatta della formazione di questi bacini, e possiamo applicare questa conoscenza a grandi strutture simili su altri pianeti e lune”.
Uno dei misteri che i dati hanno contribuito a risolvere riguarda la dimensione e la posizione del cratere transiente del bacino, la depressione iniziale creata quanto l’impatto ha sollevato materiale dalla superficie. In caso di collisioni minori il cratere iniziale può rimanere visibile, ma nel caso di grandi impatti il rimbalzo conseguente della superficie può talora nascondere ogni traccia del punto di impatto.
Alcuni ricercatori ritenevano che uno degli anelli rappresentasse i resti del cratere transiente. I dati hanno dimostrato altrimenti: il cratere iniziale si troverebbe tra i due anelli più interni, con un’estensione tra 320 e 480 chilometri, ma ogni resto superficiale del cratere è stato cancellato dalle conseguenze della collisione.
In un altro studio i dati di GRAIL sono stati utilizzati per sviluppare un modello a computer della collisione e delle sue conseguenze. Secondo questo modello il bacino orientale si sarebbe formato in seguito all’impatto di un oggetto con diametro di circa 65 chilometri, in viaggio a 14 chilometri al secondo.
La crosta si sarebbe rimodellata in seguito alla collisione e le calde e duttili rocce del sottosuolo si sarebbero mosse verso il punto d’impatto. Questo flusso verso l’interno avrebbe provocato la frattura e lo scorrimento della crosta, che avrebbe formato le scarpate alte diversi chilometri che compongono i due anelli più esterni.
L’anello più interno sarebbe nato in seguito ad un processo diverso. Negli impatti di taglia minore il rimbalzo della crosta può formare un cumulo di materiale nel centro di un cratere, chiamato picco centrale. Ma in questo caso il picco centrale era troppo grande per essere stabile e il materiale è fuoriuscito verso l’esterno, disponendosi in forma circolare e formando l’anello interno.
“La Luna in un certo senso è un laboratorio naturale ricco di caratteristiche davvero ben conservate, che possiamo analizzare in grande dettaglio”, ha commentato Head, uno dei ricercatori. “Grazie ai dati di GRAIL possiamo meglio comprendere l’evoluzione del nostro satellite e come questi processi siano correlati ad altri pianeti e lune”.
[ Barbara Bubbi]
http://phys.org/news/2016-10-formation-crater-moon.html
Credit: Ernest Wright, NASA/GSFC Scientific Visualization Studio
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