Il primo spettro dell’antimateria
La radiazione elettromagnetica può trasformarsi in materia creando una “coppia”, ovvero una particella e la sua antiparticella (un fotone infatti non può invece decadere in due particelle o in due antiparticelle). E questo dev’essere naturalmente avvenuto anche dopo il Big Bang, quando l’energia radiante aveva un’energia enorme e poteva produrre particelle anche molto pesanti. Ma se questo è vero: dov’è tutta l’antimateria? Perchè oggi esiste soltanto un tipo di materia se inizialmente entrambi i tipi furono prodotti in parti uguali all’inizio dell’universo? Forse non è vero che esiste questa perfetta simmetria tra materia e antimateria (la cosiddetta simmetria CPT – Carica, Parità, Tempo), prevista peraltro dal Modello Standard delle particelle?
La risposta la possiamo trovare proprio studiando l’antimateria. Questa non è un tabù: esiste (anche se in tracce) nel nostro universo. Si forma continuamente dentro le stelle per poi annichilarsi immediatamente trasformandosi in energia, ma anche intorno a noi, fugacemente, in seguito al decadimento di elementi radioattivi, o nello spazio, costituendo una percentuale dei raggi cosmici. Antielettroni vengono prodotti in macchine di diagnosi ospedaliere, e antiparticelle sono prodotte facilmente negli acceleratori di particelle. Tutto ciò ha vita molto breve: l’antimateria, se entra in contatto con la materia, sparisce in un lampo di energia.
L’interesse degli scienziati è sempre stato rivolto però a studiare atomi di antimateria, non semplici particelle elementari: se potessimo studiare atomi interi potremmo vedere se effettivamente le leggi fisiche valgono ugualmente anche “al di là dello specchio”. I primi atomi di anti-idrogeno furono già realizzati alla fine degli anni Novanta, ma soltanto adesso è stato possibile intrappolarli in quantità sufficiente per analizzarli adeguatamente.
L’impresa è riuscita ai ricercatori dell’esperimento ALPHA (Antihydrogen Laser PHysics Apparatus) nell’acceleratore di particelle europeo del CERN che hanno pubblicato un articolo su Nature, nel quale spiegano di essere riusciti a confinare l’anti-idrogeno per condurre esperimenti (della durata di 300 secondi). In particolare hanno eseguito la spettroscopia, ovvero lo studio della luce emessa dal salto quantico base (cioè 1s-2s) dell’anti-elettrone (chiamato brevemente positrone in quanto ha carica positiva). In linea di principio è semplice: si eccita un gas con un laser e si osserva la luce che emette, misurandone la frequenza. Se l’antimateria fosse davvero simmetrica alla materia allora questa frequenza dovrebbe essere identica a quella emessa dall’idrogeno ordinario. Cosa ha scoperto l’esperimento? Che, entro gli errori sperimentali, tale frequenza è precisamente identica, ovvero che il comportamento dell’antimateria è empiricamente indistinguibile da quello della materia almeno per una parte su 50 miliardi.
I dettagli tecnici di questo esperimento sono completamente descritti nell’anteprima di stampa della rivista Nature che si può leggere qui: Observation of the 1S–2S transition in trapped antihydrogen.
Poichè il teorema di simmetria CPT è sopravvissuto a questo esperimento, per capire come mai il nostro universo è costituito dalla materia anzichè da antimateria (o da nessuna materia, cioè solo radiazione) c’è ancora molto da lavorare.
[Paolo Colona]
Lascia un commento