La Spaventosa Bellezza di Medusa
Questa sorprendente e suggestiva nebulosa planetaria ripresa dal Very Large Telescope dell’ESO vanta il nome di una creatura mostruosa della mitologia greca, Medusa la Gorgone. È nota anche come Sharpless 2-274 e si trova nella costellazione di Gemelli, ad una distanza di circa 1500 anni luce dalla Terra.
Medusa era immaginata come una creatura spaventosa, con serpenti al posto dei capelli, rappresentati qui da filamenti sinuosi e intrecciati di gas incandescente. Il bagliore rossastro dell’idrogeno e la debole emissione verde dell’ossigeno si estendono ben oltre questa inquadratura, formando in cielo una mezzaluna. L’espulsione di massa dalle stelle in questa fase della loro evoluzione è di solito intermittente e questo può portare alla formazione di strutture complesse nelle planetarie. L’affascinante Nebulosa Medusa si estende per circa quattro anni luce e nonostante le sue dimensioni è debole e difficile da osservare.
Per decine di migliaia di anni i nuclei stellari delle nebulose planetarie sono circondati da queste straordinarie nubi gassose, ma gradualmente il gas si disperderà nell’ambiente circostante. Questa è l’ultima fase della trasformazione di stelle simili al Sole prima di finire la loro vita attiva come nane bianche. La fase di nebulosa planetaria è una parte davvero piccola della vita di una stella.
La cocente radiazione ultravioletta proveniente dalla stella molto calda nel cuore della nebulosa fa sì che gli atomi del gas in movimento verso l’esterno perdano i loro elettroni, lasciando dietro di sè gas ionizzato. La nebulosa è indicata anche come Abell 21 (o PN A66 21), dal nome dell’astronomo americano George O. Abell che ha scoperto questo spettacolare oggetto nel 1955.
Per qualche tempo gli scienziati si sono domandati se la nube potesse essere il residuo di una supernova. Negli anni ’70 del secolo scorso, tuttavia, i ricercatori sono stati in grado di misurare il movimento e altre proprietà del materiale e identificarla chiaramente come nebulosa planetaria.
[ Barbara Bubbi ]
http://www.eso.org/public/news/eso1520/
Credit ESO
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