Massicci buchi neri stellari annidati ai confini delle spirali

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Le zone periferiche delle galassie a spirale come la nostra potrebbero essere piene di buchi neri in collisione di proporzioni massicce e potrebbero costituire una regione galattica di rilievo in cui andare a cercare sorgenti di onde gravitazionali, secondo uno studio di ricercatori del Rochester Institute of Technology, in via di pubblicazione su Astrophysical Journal Letters.

Identificare le galassie che potrebbero ospitare buchi neri in fusione potrebbe aiutarci a capire il meccanismo in base al quale vengono a formarsi le coppie di buchi neri. Secondo Sukanya Chakrabarti, a guida dello studio disponibile online su ArXiv, esistono condizioni favorevoli per le fusioni di buchi neri nei dischi esterni delle grandi galassie a spirale.

Finora si riteneva che le piccole galassie satelliti o le galassie nane rappresentassero l’ambiente più idoneo per ospitare massicce popolazioni di buchi neri: una popolazione sparsa di stelle, non inquinata con elementi pesanti come ferro, oro e platino, e venti stellari poco efficienti, tali da lasciare intatte le stelle massicce. Infatti le stelle che contengono molti elementi pesanti o con possenti venti stellari perdono gran parte della loro massa nel corso della loro vita: quando arrivano al termine del loro percorso nel cosmo ed esplodono come supernove rimane una quantità di massa inferiore e il risultato è la formazione di un buco nero di piccola massa. Chakrabarti ha ipotizzato che le regioni periferiche delle galassie come la Via Lattea presentino ambienti simili a quelli delle galassie nane, ma con un vantaggio: le grandi galassie sono più facili da individuare.

Uno degli autori dello studio, Richard O’Shaughnessy, membro della Collaborazione LIGO, afferma: “Questo studio dimostra che, quando facciamo ipotesi o interpretiamo osservazioni di buchi neri, abbiamo bisogno di tener conto non solo delle differenze tra vari tipi di galassie, ma anche del range diverso di ambienti che si presentano all’interno di esse”.

Ora che gli scienziati hanno aperto le nuove frontiere dell’astronomia gravitazionale, grazie alla rilevazione delle onde gravitazionali, è possibile ottenere una comprensione più profonda dei fenomeni estremi che avvengono nell’Universo, tanto più avendo la possibilità di combinare informazioni sia da onde gravitazionali che da radiazione elettromagnetica. Le ricerche esistenti dimostrano che persino i buchi neri, da cui la luce non può sfuggire, possono essere associati ad una controparte ottica, resti di materiale derivanti dal collasso stellare da cui si sono formati. Per questo motivo è di importanza fondamentale individuare le regioni galattiche in cui è più probabile che avvengano fusioni dovute allo scontro di massicci buchi neri stellari.
[ Barbara Bubbi ]

https://phys.org/news/2017-10-monster-colliding-black-holes-lurk.html

Credit: NASA/JPL-Caltech/VLA/MPIA

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