Una nuova fisica dietro l’espansione dell’universo
Nuove raffinatissime misure stabiliscono che il tasso di espansione dell’universo è aumentato del 9% rispetto alle sue fasi iniziali.
Da quasi 100 anni gli astronomi tentano di migliorare sempre di più la misura della velocità di espansione dell’universo.
Nell’ambito di questa ricerca, nel 1998 Adam Riess trovò le prime evidenze che tale velocità, anzichè diminuire col tempo come si era sempre immaginato, sta aumentando. Una scoperta clamorosa che gli meritò il Premio Nobel per la Fisica nel 2011, insieme a Saul Perlmutter e Brian P. Schmidt.
Oggi il suo team pubblica nuove misure, estremamente precise, che stabiliscono che il tasso di espansione è aumentato del 9% rispetto alle fasi iniziali dell’universo.
Il lavoro è partito dalla misura della parallasse di cefeidi 10 volte più lontane di quanto fatto finora, utilizzando una ingegnosa tecnica con il Telescopio Spaziale Hubble. (Le cefeidi sono stelle variabili il cui periodo di variazione è legato alla luminosità: basta misurarne il periodo per sapere quanto sono luminose e, confrontando la luminosità apparente con quella reale, si può risalire alla loro distanza).
Grazie ai nuovi dati sono state misurate le distanze di galassie nelle quali si riuscivano ad osservare cefeidi (come la bellissima NGC 1015 di cui mostriamo una foto dell’Telescopio Spaziale Hubble rielaborata da noi) e, successivamente, è stata nuovamente calibrata la velocità di recessione delle galassie.
La costante di Hubble così misurata risulta di 73 km/(s·Mpc), vale a dire che le galassie si allontanano di 73 km/s più velocemente per ogni megaparsec di distanza (3,3 milioni di anni luce circa).
Lo stesso tasso di espansione (misurato però sull’universo neonato grazie ai dati del satellite europeo Planck) è di 67 km/(s·Mpc), una differenza del 9% che non può essere spiegata senza aprire scenari del tutto nuovi della fisica.
[ Paolo Colona ]
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