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TauRoma, una tesi archeoastronomica

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L’archeoastronomia è lo studio delle conoscenze astronomiche antiche in assenza di testi scritti. Mancando testimonianze scritte (delle quali si occupa la storia dell’astronomia), l’archeoastronomia si basa su qualsiasi riferimento all’astronomia che sia presente nella cultura di un popolo: testimonianze sia materiali (templi, edifici, manufatti), sia immateriali (miti, religioni). In una parola, l’archeoastronomia è lo studio dell’astronomia culturale delle civiltà antiche.
L’enorme interesse che questa disciplina suscita ha fatto sì che molti si siano cimentati in teorie archeoastronomiche. È immenso lo zoo delle fallacie che compaiono in questi studi e produssi perciò un catalogo ragionato di tali errori (“Archeoastronomia dei misteri e degli inganni. Discorso sulla fondazione epistemologica dell’Archeoastronomia”, Paolo Colona, 2014). Per evitare un’antipatica gogna agli innumerevoli autori che avevo studiato, decisi di fabbricare da me una teoria fallace di argomento archeoastronomico. Questa teoria didattica prese il nome di TauRoma.

TauRoma, una tesi archeoastronomica… falsa!

Una delle attività preferite da tanti appassionati di archeoastronomia è sovrapporre le costellazioni a mappe di territori. Chi legge ha sicuramente assistito a Vergini proiettate sulla Francia, Draghi specchiati sull’Indocina, Orioni distesi in Egitto e, probabilmente, come me, a molte altre costellazioni ancora disegnate su tante altre porzioni di carte geografiche. C’è stato anche  il caso clamoroso del quindicenne William Gadoury che avrebbe scoperto una “città Maya” supponendo proprio che i Maya avessero disposto sul territorio le loro 117 città seguendo lo schema di 23 costellazioni (tra le quali l’immancabile Orione, naturalmente)…

le cattedrali templari e la costellazione della Vergine

Costellazione della Vergine sulle cattedrali gotiche francesi
(da http://spinners.end.forumcommunity.net/?t=35873375)

Costellazione del Drago e tempio di Angkor

La costellazione del Drago sopra il centro cultuale di Angkor Wat in Cambogia
(Graham Hancock, da http://www.earthportals.com/Portal_Messenger/draco.html)

le chiese della citta' di Randazzo con la costellazione della vergine

Di nuovo la Vergine, ma stavolta su Randazzo (CT)
(Angela Miiliti, da http://www.luogocomune.net/site/modules/newbb/print.php?form=1&topic_id=5770&forum=48&order=ASC&start=0)

 

Ritengo questo modo di procedere una maniera eccellente per trovare riscontri positivi del tutto casuali, e quindi un ambito privilegiato in cui è facile prendere abbagli.
La sfida è: si può sovrapporre una qualsiasi costellazione a una qualsiasi mappa? Si possono trovare, a posteriori, indizi forti a suffragio di questa sovrapposizione? In altre parole, si può costruire una tesi archeoastronomica molto documentata e suffragata, ma basata sul nulla?
La sorte (degli eventi molto precisi, in effetti, hanno selezionato per me costellazione e città) ha scelto per me la costellazione del Toro e la città di Roma.
Ecco come ho proceduto.
Conoscendo la disposizione delle stelle del Toro, giunsi rapidamente alla conclusione che le due stelle che contrassegnano le corna, una vera e propria “coppia”, dovevano andare su due monumenti “gemelli”. I mausolei di Augusto e di Adriano sembravano adatti. Come si usa in questi casi (la tradizione di teorie di questo tipo è molto chiara in proposito), usai un’immagine ribaltata.
Facendolo, mi accorsi che, una volta sistemate le corna, Aldebaran veniva a cadere sul Campidoglio. Perfetto! Perché Aldebaran è la stella principale del Toro e il Campidoglio è il punto preminente della Città Eterna, legato alle leggende più antiche della città, luogo del suo governo e della Lupa Capitolina.
Grazie ad un’altra felice coincidenza, le Pleiadi finivano nel Tevere. Il che è altrettanto auspicabile, dato che Anthony Mercatante, nel suo “Dizionario universale dei miti e delle leggende”, la prima cosa che scrive alla voce “Pleiadi” è: “che navigano”. Inoltre, ognuno che abbia un minimo di dimestichezza con l’etimologia celeste, conosce bene il legame delle Pleiadi con l’acqua, definite “piovose” o “umide” fin dall’antichità. Era la seconda combinazione propizia.
Il corpo del Toro additava le vie che si protendono da Roma verso Sud, ognuna con i suoi luoghi di culto (l’altare di Enea sull’Ardeatina, il tempio di Iuppiter Latiaris sulla Via Sacra, ecc…) e tra esse anche la Via Appia, Regina Viarum, la quale mostrava per di più un andamento ragionevolmente simile a quello dell’Eclittica.
La stella Lambda Tauri, a sua volta, sembrava definire con una certa precisione la lunghezza del Circo Massimo!
La sovrapposizione della costellazione del Toro con la carta della città antica diventava perfetta per quanto riguarda le corna: una esattamente in linea con il rettifilo della Via Flaminia, l’altra a seguire l’andamento della Via Tecta, la più importante via porticata di quell’area della città.
Tutte le parti del Toro celeste si adattavano quindi molto bene alla mappa terrestre. Indicare con delle frecce le corrispondenze più importanti sembrava la fine di un ottimo lavoro:

la costellazione del Toro proiettata su Roma antica

Il Toro su Roma. Corrispondenze Astro-topografiche “inventate” dall’Autore.

 

Questo non era però che l’inizio del mio lavoro di confutazione, perché la coincidenza formale che avevo trovato poteva essere ancora attribuita al semplice caso. Se si pretende dimostrare una qualche intenzionalità o consapevolezza in queste corrispondenze, è necessario naturalmente trovare dei nessi legati alla civiltà del luogo, ad esempio di carattere simbolico. Era cioè doveroso verificare che i siti interessati avessero una corrispondenza anche semantica con ciò che è rappresentato in cielo.

Tuttavia, prima ancora di questo problema se ne presentava un altro, per rendere coerente la teoria di una Roma costruita secondo l’immagine del Toro, e cioè: come giustificare che fosse stata scelta questa costellazione anziché qualsiasi altra? Io l’avevo scelto perché era il Toro ad essere stato usato sulla mappa di un’altra città in una teoria archeoastronomica che era stata pubblicata, ma non era una ragione presentabile, naturalmente.

 

culti del toro

Alcuni Tori nella storia dell’umanità. Dall’alto a sinistra, in senso orario: l’egiziano Toro Api (3000 a.C.) e un rilievo taurino di Gobekli Tepe (10000 a.C.); spettacolare testa di toro in una domus de janas in Sardegna; l’episodio biblico del Vitello d’oro; due bucrani sovrapposti da Çatalhöyük (6000 a.C.), Turchia; moneta di Cales, Campania, III secolo aC. con una stella sopra un toro..

 

Non fu difficile trovare una soluzione a questo problema. Il toro risulta essere infatti l’animale sacro più diffuso nelle civiltà del Mediterraneo. In effetti, i bovidi saturano l’armamentario cultuale umano. Senza sforzo se ne trovano ovunque, da Gobleki Tepe alle domus de janas, da Lascaux a Çatal Hüyük, dal Vitello d’Oro al mitraismo, dai buoi sacri di Apollo alla tauromachia e al Minotauro minoico, e via discorrendo: data la sovrabbondanza e ubiquità non sembra affatto dispendioso, sul piano logico, immaginare che una “dottrina del toro” potesse essersi formata attraverso i millenni, una sorta di religione misterica che serbasse e tramandasse i caratteri sacri del toro. A Roma, gli iniziati di questa corrente, sfuggita agli storici delle religioni, possono aver disposto un piano di “taurizzazione” della Città.
Il motivo culturale per la scelta della costellazione sembrava così abbastanza accettabile. Tra i miti legati al toro (tutti evidentemente noti a questa ipotetica religione segreta), andava fatto risaltare quello di Io, fanciulla amata da Zeus, il quale la trasformò in giovenca e lei, perseguitata dalla gelosa moglie di Zeus, era giunta in Europa attraverso il Bosforo, che prende il suo nome appunto da Bous+poros, cioè il passaggio del Toro. Il mito può alludere alla nascita della civiltà occidentale.

Torniamo adesso al tentativo di individuare le corrispondenze semantiche tra i luoghi terreni e quelli celesti.

Studiando la storia dei luoghi coinvolti in questa estemporanea teoria, immedesimandomi per l’occasione in un Casaubon dell’archeoastronomia, annoto che la Via Sacra partiva dal Campidoglio per raggiungere il tempio di Giove sul Monte Cavo. Il nome di tale monte sembra derivi da Mons Caput Boum, cioè Monte Testa di Bue. Qui torna non solo la relazione tra Zeus e il Toro, ma in particolare con la testa del Toro, quella che, nella proiezione della costellazione, finisce sulla zona del Campidoglio.
Questi indizi sono promettenti, ma la storia è ancora più esplicita: molto presto, all’inizio del IV secolo a.C., i romani decisero di trasferire il culto di Zeus dal Monte Testa di Bue proprio sul Campidoglio! L’ultimo tassello è nel nome stesso del Campidoglio, la cui etimologia deriva da caput, testa: Giove era adorato su un monte che nel nome ricordava la testa di un bue, e il suo tempio viene trasferito su un colle il cui nome ha simile significato.
Sembra non solo plausibile, ma anche doveroso, a questo punto, accettare che il Campidoglio sia precisamente la testa del toro nel quale si trasformò Zeus. Ed è ciò che emerge esattamente dalla proiezione delle stelle sulla pianta della città… Come si voleva dimostrare: se le si cerca, le “prove” di questa teoria iniziano a fioccare.

Le Iadi sono la “V” di stelle che in cielo disegna la testa del Toro. Il loro legame col toro e la loro etimologia (anch’esse “piovose” e quindi legate all’acqua) sono perfettamente rispettate nella proiezione sul suolo di Roma. Esse infatti segnano l’andamento della condotta realizzata alla fine del VI secolo a.C. per drenare l’acqua dall’area paludosa del Velabro (il significato preciso della radice di Iadi è proprio “spremere” acqua). L’area bonificata, fatalmente, sarà destinata al Foro Boario, ovvero al mercato dei buoi. Tra i tanti mercati di Roma, quello dei buoi è proprio in questa posizione, sotto la testa del Toro.
Al culmine delle più fantasiose e divertenti coincidenze, proprio in corrispondenza con la stella che segna la bocca del Toro, Hyadum Prima, ovvero Gamma Tauri, oggi si trova la celebre Bocca della Verità, ospitata, tra l’altro, in una chiesa che richiama il cosmo nel nome: Santa Maria in Cosmedin.
L’“umidità” delle Iadi è ribadita dal loro lambire il Tevere.

Manteniamoci ancora un po’ all’interno di questa costruzione teorica artificiale che chiamiamo brevemente come “TauRoma”. Se, come potrebbe far pensare la presenza della Bocca della Verità sulla bocca del Toro, la dottrina collegata a questo animale sacro è sopravvissuta al crollo dell’impero romano arrivando fino al Medio Evo cristiano, è possibile leggere in un’ottica molto significativa la dedicazione a San Michele del Mausoleo di Adriano (oggi appunto Castel Sant’Angelo), ovvero il corno del Toro che attraversa il Tevere e punta dritto verso il Vaticano.

San Michele ringuaina la spada sulla cima di Castel SantAngelo

La statua bronzea dell’Arcangelo Michele in cima a castel Sant’Angelo, realizzata nel 1753 da Peter Anton von Verschaffelt (1710–1793).

San Michele è infatti collegato agiograficamente a Mitra, il dio tauroctono, e, la sua statua colossale posta sulla punta del corno, rivolta verso il Toro e con la spada mezza sguainata, sembra un muto monito all’antico animale divino da parte delle schiere celesti a difesa della Chiesa. Del resto la peculiare mancanza di simboli ecclesiastici o di vicende evangeliche legate al toro potrebbero confermare la conoscenza e la latente avversità della Chiesa verso questa religione segreta e ancestrale legata al toro.

L’ultima sorprendente coincidenza simbolica di cui ci prendiamo l’incomodo di parlare riguarda ancora le corna di questo animale. Proiettate sulla città, delimitano in maniera inequivocabile una precisa zona dell’Urbe. Se leggiamo Tolomeo, vediamo che le stelle del Toro hanno ognuna una caratteristica di un pianeta diverso (alle stelle veniva infatti assegnata una “personalità” planetaria), ma le stelle sulle punte delle corna, e solo loro nella costellazione del Toro, hanno entrambe la natura di Marte. Da qui è facile capire il motivo del nome che fu dato a quella zona di Roma: Campo Marzio.
Durante lo studio, sono emerse ulteriori coincidenze di minor rilevanza ed il lettore che avesse voglia di cercarne altre potrà comunicarcele scrivendo a eventi@accademiadellestelle.org.

La costellazione del Toro

La costellazione del Toro.

Il significato di questo esperimento è il seguente: esistono casi in cui una ipotesi archeoastronomica può trovarsi concomitante con una quantità enorme di elementi e possibili indizi, che sono però determinati dal caso. Un ricercatore distratto o suggestionabile può cadere nella trappola di cercare e selezionare tutte le coincidenze a favore della sua idea e pensare che questa sia verificata. Il nome di questa fallacia è “Creazione involontaria di evidenze”. È tanto più facile restarne vittima quanto più si è propensi all’“entusiasmo deduttivo”, che è la tendenza, di fronte a dati silenti e scorrelati, di coglierne un nesso eloquente: lo studioso seguirà le tracce fino a creare una dietrologia fantasiosa, una teoria che sembra “filare” o persino risultare convincente, senza che però sia vera.

Fallacie in archeoastronomia

Schema delle fallacie tipiche dei lavori di archeoastronomia, da “Archeoastronomia dei misteri e degli inganni. Discorso sulla fondazione epistemologica dell’Archeoastronomia”, Paolo Colona, 2014.

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Note e riferimenti:

• Il testo e l’immagine di “TauRoma”, con la costellazione del Toro sulla città di Roma, sono copyright dell’autore – Paolo Colona.

• Il lavoro cui si fa riferimento in questo articolo, pubblicato su Academia.edu

• Il programma dell’edizione 2016 del corso di Archeoastronomia ed Astronomia Culturale che l’Accademia delle Stelle tiene dal 2011.

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